Figura sottile, occhi da cerbiatta, sguardo ingenuo ma penetrante ed espressione assente, quasi distratta. Di estrema bellezza e semplicità, donna di un’eleganza innata, raffinata dal primo capello in testa fino all’ultima unghia del piede. Audrey Hepburn ha vissuto una vita davvero intensa, dalla fuga durante gli anni della seconda guerra mondiale fino al successo ad Hollywood e la vittoria dell’Oscar, senza dimenticare la maternità e l’impegno sociale e umanitario per i bambini dei paesi poveri.

Audrey Kathleen Ruston è nata a Bruxelles nel 1929. Figlia di aristocratici, aggiunse solo qualche anno dopo la sua nascita, per volere del padre, il cognome della nonna materna, diventando così Audrey Ruston-Hepburn.
L’infanzia e l’adolescenza non furono affatto facili per lei. Allo scoppio della guerra il padre, che era un simpatizzante nazista, abbandonò la famiglia e tale decisione fece soffrire davvero molto l’attrice, traumatizzandola al punto tale da vivere fino alla fine dei suoi giorni l’agonia del senso dell’abbandono.

A 10 anni lasciò con la madre e i fratellastri Londra per rifugiarsi ad Arnhem, in Olanda, città dove studiò danza al conservatorio fino al 1945. La danza era l’unica cosa che le dava sollievo durante i duri anni della guerra, in cui era costretta a vivere con la famiglia in un granaio con l’incessante terrore dei bombardamenti. Soffrì di malnutrizione e depressione «non c’era cibo in giro, ci nutrivamo con bulbi di tulipano e cucinavamo l’erba» ha confessato la stessa Hepburn. A 16 anni si arruolò come infermiera volontaria in un ospedale, in quell’occasione soccorse un giovane soldato paracadutista britannico di nome Terence Young. 20 anni dopo Young, divenuto regista, diresse Audrey nel film Gli occhi della notte.

Finita la guerra, abbandonò la danza- «a causa della sua altezza (1.67 ndr) e della malnutrizione dovuta al terribile periodo della guerra, le sue chances per diventare prima ballerina erano davvero minime. Ma era un’allieva meravigliosa. Se avesse perseverato, sarebbe diventata un’incredibile ballerina» disse successivamente la maestra Marie Rambert- e tentò la carriera di attrice. Il suo primo film di rilievo fu The secret people (1952), dove Audrey interpretò il ruolo di una talentuosa ballerina. Poi si sottopose al provino per Vacanze romane e la sua spontaneità catturò il regista, che all’inizio voleva riservare il ruolo a Liz Taylor. Il film le fece vincere l’Oscar, Audrey Hepburn era diventata una star. Successero altri film e altri ruoli, ma quello che la consacrò una diva di Hollywood fu quello della fragile ed estroversa Holly Golightly in Colazione da Tiffany.

«Interpretare Holly Golightly è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto. Io e lei siamo totalmente diverse, io sono introversa lei invece è il mio opposto» dichiarò l’attrice.

La scelta di Audrey Hepburn per il ruolo di Holly non piacque a Truman Capote che al suo posto avrebbe preferito la frizzante Marylin Monroe: “troppo magra e troppo elegante” sentenziò lo scrittore a proposito dell’attrice belga. Ma ormai il regista Blake Edwards aveva deciso: la parte era assolutamente per la Hepburn.
L’inizio delle riprese non furono facili, la dolce Audrey non andava molto d’accordo con il co-protagonista George Peppard e inoltre odiava mangiare le brioche che il suo personaggio mangia nella scena iniziale «avrei preferito il gelato, ma il regista si oppose».

Moon River in sottofondo, Holly che scende da un taxi e si ferma davanti alla storica gioielleria Tiffany (che aprì per la prima volta di domenica proprio per le riprese), apre la busta con la colazione e guarda il suo riflesso sulla vetrina. L’abito poi, un tubino nero di Givenchy, è rimasto nella storia. Ed è curioso anche il primo approccio dell’attrice con lo stilista.
Hubert de Givenchy rimase molto deluso quando Audrey si presentò per conoscerlo e per vedere gli abiti del film. Lo stilista, infatti, quando aveva sentito parlare di Mrs Hepburn, si aspettava di trovare la più nota Katherine: «Madame, mi piacerebbe aiutarla, ma sto lavorando ad una collezione e non posso farle vedere i vestiti» le aveva detto il couturier con eleganza. «Mi mostrerebbe quello che ha creato?» chiese lei. Lo stilista accettò e dovette ricredersi, ogni capo le stava alla perfezione, sembrava creato apposta per lei. Così tra Givenchy e la Hepburn si creò un sodalizio e nacque una sincera e profonda amicizia che durò fino alla morte di lei.

Dopo la nascita del primo figlio Sean (avuto dal primo marito Mel Ferrer) , Audrey iniziò a rifiutare molte proposte di lavoro e pian piano si ritirò dalle scene. In un’intervista dichiarò: “non ho abbandonato il cinema, mio figlio stava iniziando la scuola e non potevo portarlo con me sul set. Non mi sarei mai perdonata di essere stata una madre poco presente”. Dopo il divorzio, incontrò l’italiano Andrea Dotti e dalla loro unione nacque Luca. Il loro matrimonio durò 13 anni. L’ultimo grande amore dell’attrice fu l’attore Robert Wolders, non si sposarono mai ma andarono a vivere insieme in Svizzera, e insieme rimasero fino alla morte di lei avvenuta il 20 gennaio del 1993 per un tumore al colon.

Viviana Guglielmino

«Credo che ridere sia il modo migliore per perdere calorie. Credo nel baciare. baciare molto. Credo nell’essere forti quando tutto sembra andare per il verso sbagliato. Credo che le ragazze allegre siano le più carine»