Quello della moda è un mondo meraviglioso, fatto di lusso, abiti che fanno sognare, viaggi e una prospettiva sul mondo filtrata attraverso la creatività ed illuminata da riflettori sempre puntati. Tutto questo rappresenta però solo l’involucro di un’industria che lavora senza interruzione, sorretta da professionisti ed esperti del settore. Gli stereotipi però non mancano nemmeno in questo campo e nonostante il duro lavoro che si cela dietro il mondo della moda venga puntualmente ripagato, alcuni aspetti vengono estremizzati da chi è esterno a questo ambiente. Certo che una volta arrivati in alto la vista è bella e i vantaggi sono tanti, ma un capo come Miranda Priestley non renderà certamente la vita molto semplice. La moda è spesso associata in tutto e per tutto a un concetto di superficialità e il lavoro reale poche volte viene realmente compreso ed apprezzato. Il Diavolo veste Prada ripropone quella che è la realtà del mondo editoriale, la vita di redazione dei più grandi giornali di moda, ma la strada per arrivare fino a lì è lunga e tortuosa proprio come il percorso di qualsiasi altro lavoro. Ecco dunque quali sono quei miti assolutamente da sfatare sul lavorare nel mondo della moda.
Per molti lavorare nel mondo della moda significa essere un designer e sapere dunque realizzare abiti con le proprie mani. Questi sono però gli stessi che ignorano come la moda sia un vero e proprio business, un’industria costituita da milioni di persone che occupano ruoli e posizioni molto diverse fra loro: dal designer alle modelle, dal buyer al PR, dal giornalista al consulente di immagine, dal responsabile marketing a quello tech e molti altri. La maggior parte non crea abiti.
Sì, lo è, su Instagram e sugli altri social network, ma il dietro le quinte è come un formicaio, in cui si lavora giorno e notte per realizzare sfilate impeccabili, curate nei minimi dettagli ed eventi esclusivi. Tutto questo non si mette in piedi da solo: le settimane della moda prevedono infatti molto movimento, fatica e poco sonno ma anche divertimento e champagne, agli after party meritati.
Questo mito che vuole che ogni capo nel mondo della moda sia acida e temibile proprio come Miranda Pirestley è superato da tempo. Quella della moda è un’industria proprio come tutte le altre, in cui ci sono persone di qualsiasi natura, caratterizzate da comportamenti e atteggiamenti più o meno affabili.
Dalle modelle ai designer per arrivare alle sarte, tutti mangiano. Anche i cibi che riempiono i loro profili Instagram. Chi più, chi meno, chi in maniera più o meno sana, tutti assumono calorie.
Essere fashion significa avere gusto nella scelta del proprio abbigliamento. Fare shopping da H&M, Zara o da Versace non ha alcuna relazione con l’essere realmente alla moda.
A meno che il tuo lavoro non sia quello di personal shopper, il tempo di fare shopping è limitato, in quanto lavorare nel mondo della moda ne richiede davvero tanto.
Non è assolutamente vero. La comodità prima di tutto anche negli uffici, nelle aziende o all’interno delle redazioni di moda dove gli impiegati arrivano anche in scarpe da ginnastica, ballerine o stivaletti bassi per fronteggiare le giornate in cui è necessario correre da un posto all’altro. I tacchi solo per gli eventi speciali.
La mondanità rappresenta solo una piccola parte per coloro che lavorano nell’industria fashion e solitamente prendere parte a un evento significa comunque lavorare: prendere accordi, conoscere persone, prendere appunti, fare interviste, scriverne fino a notte inoltrata.
La moda non è un continuo “ma come ti vesti?”. L’individualismo e lo stile personale rappresentano una priorità. Fino a un certo punto, ovviamente.
Si può non essere esperti di moda e superficiali oltre modo. Anzi, per scrivere di moda o lavorare in quest’industria spesso sono richieste capacità non comuni a tutte le persone e una cultura molto più ampia di quello che si potrebbe pensare.
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