Dopo l’ennesimo flop di stile, Arisa si difende dalle accuse sul suo stile.

A Sanremo 2016 non è riuscita a soddisfare l’occhio attento della moda nonostante i suoi tre cambi d’abito: per la prima serata la cantante ha vestito Annapurna in un pigiama/maglioncino della nonna con una sorta di rete che scendeva fino alle ginocchia, che Enzo Miccio ha coscientemente descritto “zanzariera”.
Il secondo abito, interamente in paillettes argento, fucsia e blu, le scendeva fin sopra le ginocchia.
In effetti le incorniciava la candida carnagione, ma nonostante questo è stato un look azzardato e nel complesso non è piaciuto.
Il terzo abito è stato, probabilmente, il peggior abito che potesse mai indossare. Le evidenziava le curve, mostrava le spalle e la pelle chiara, la rendeva più bassa all’occhio di quanto già non fosse.
L’ultimo abito, sempre in nero, le stringeva la vita, ma è stato un look che nel complesso ha suscitato il consenso del pubblico.

Nel tempo ho capito che la mia sicurezza non arriva dalla sensualità, ma dalla creatività. Più un abito rispecchia la mia vera essenza, più sono felice” ha spiegato alle telecamere.

Arisa non si lascia trasformare, non segue la moda ma la fa, anche se a modo suo.
Criticata e giudicata per il suo pessimo gusto nel vestire, si difende a spada tratta spiegando al mondo dello spettacolo che l’essenza dovrebbe trionfare sull’apparenza.

Oggi ci siamo, domani chissà – aggiunge Arisa – Preferisco mostrarmi per quello che sono, quel che canto è davvero dedicato alla gente. Non voglio avere filtri con le persone. Non mi piace essere toccata, o baciata, è vero, ma l’amore che provo quando faccio qualcosa per gli altri è grande.

Una sorta di paladina della verità e della bellezza non artificiale, mostra il lato più estroso e creativo della sua personalità senza alcun filtro. Non vuole essere ciò che il mondo vuole che lei sia, perché Arisa vuole farsi riconoscere per quello che è. Senza molti giri di parole, preferisce essere apprezzata per la propria musica che per il proprio aspetto.

“Crede che io sia un po’ matta? Morgan me lo dice sempre”, conclude.
Nella società del “falso sé” e delle infinite identificazioni con quello che “si vorrebbe essere”, Arisa è la rappresentazione simpatica della verità e della sincerità, “un elemento imprescindibile”.