“Se questo indumento è il responsabile di tutto, se basta indossare un abito più corto per essere immorali, se una donna che indossa una minigonna manda dei segnali sessuali e provoca, allora anche noi mandiamo questi segnali”.

È questo il messaggio che avanzano in questi giorni sulle strade della Turchia e sui social network alcuni uomini turchi, che si sono uniti in difesa e contro la violenza sulle donne. E se è la lunghezza della gonna a indurre in tentazione e a giustificare gli stupri di cui migliaia di donne sono vittime ogni anno nel loro Paese (e nel mondo), allora anche loro hanno deciso di sfilare per le strade di Istanbul indossando una minigonna. Un semplice capo d’abbigliamento, diventato in questi giorni il simbolo delle manifestazioni che stanno coinvolgendo tutto il Paese.

Si tratta di un’ondata di proteste scatenata dalla morte della studentessa ventenne Ozgecan Aslan, uccisa e data alla fiamme dal conducente di un minibus nella città di Mersin dopo aver resistito a uno stupro. La giovane aveva cercato di difendersi dal suo aggressore con uno spray al peperoncino, ma l’uomo ha reagito accoltellandola e colpendola al capo. “Indossiamo una gonna per Ozgecan“, scrivono migliaia di uomini che, fotografati con un cartello in mano in supporto alla causa, hanno twittato e diffuso sul web le loro foto in minigonna, evidenziando la maniera in cui la società discrimina le donne.

Grazie al web, la protesta degli uomini turchi è stata accolta anche fuori dai confini del paese da migliaia di uomini e donne che hanno raccontato le proprie storie. Una lotta comune, per combattere la violenza e avanzare un messaggio chiave nella lotta contro il sessismo: la gonna non è sintomo di immoralità o impurità. L’uomo però può manifestarli a prescindere.