Il fast fashion, letteralmente moda veloce, nasce intorno agli anni ’90. Termine ormai moderno usato frequentemente dai rivenditori di moda che rappresenta la capacità di alcune aziende di immettere sul mercato un prodotto in tempi molto brevi e con un costo molto basso.

Le collezioni di abbigliamento del fast fashion si basano sui alcuni capi dalle grandi maison di moda, cercando di fare una sorta di imitazione con prezzi molto più accessibili, ma con risultati spesso non soddisfacenti.

Come in tutte le cose vi sono i pro e i contro, infatti, entrando in un qualsiasi negozio low-cost non troveremo mai la stessa organizzazione e lo stesso ordine che troveremo entrando in un negozio di Alta Moda o di prêt-à-porter, ma troveremo, invece, capi buttati a caso. Così come non troveremo la commessa che ci servirà e ci darà consigli, ma toccherà a noi fare tutto e trovare il capo giusto. Uscendo da lì con qualche centinaia di euro avremo il guardaroba nuovo con capi che magari assomiglieranno a quelli delle grandi firme ma la qualità non sarà mai la stessa.

Grazie a questa tendenza di moda veloce vengono progettati e realizzati in modo rapido ed economico tantissimi abiti che consentono al consumatore di acquistare vari capi di abbigliamento ad un prezzo inferiore. Questa filosofia di rapida produzione con un prezzo accessibile è utilizzata in grande distribuzione da marchi come H&M, Zara, Mango, Topshop, Primark, Forever 21, GAP e moltissimi altri. Uno dei primi marchi che aveva iniziato con questo fenomeno, legandolo ad un abbigliamento basico di molti colori è stata la Benetton.

Credit Photo: fashionbi.com
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Tutto questo è stato sviluppato su un modello di produzione denominata a risposta rapida, creato negli Stati Uniti nel 1980 e si è trasferito ad un modello basato sul mercato di fast fashion alla fine del 1990 e la prima parte del 21° secolo.

Zara è stata in prima linea in questa rivoluzione di moda, il loro marchio è quasi diventato sinonimo del termine; è un brand spagnolo di abbigliamento e accessori con sede a Arteixo e Galizia, fondata nel 1975 da Amancio Ortega e Rosalia Mera. Appartenenti al gruppo di moda Indetex anche marchi come Massimo Dutti, Pull and Bear, Uterqüe, Stradivarius, Oysho e Bershka. Si sostiene che Zara ha solo bisogno di una settimana per sviluppare un nuovo prodotto e farlo arrivare nei negozi, rispetto alla media di 6 mesi e lancia circa 12.000 nuovi disegni ogni anno. La strategia più insolita del brand è stata forse la politica di pubblicità a zero, infatti, la società ha preferito investire una percentuale dei ricavi per l’apertura di nuovi punti vendita piuttosto che inverstirli nella pubblicità; in netto contrasto con il marchio Benetton, che da sempre ha puntato sulla pubblicità.

Credit Photo: knownledge.ckgsb.edu.cn
Credit Photo: knownledge.ckgsb.edu.cn

Il fast fashion è stato anche associato alla moda usa e getta, perché ha consegnato un prodotto di design ad un mercato di massa a prezzi molto bassi. Il lento movimento della moda è entrato in opposizione con il fast fashion, in quanto produce continuamente nuovi abiti ed, inoltre, è stata accusata di inquinamento, poiché vengono usate spesso tessuti sintetici e di sfruttamento soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.

In Italia ormai il fast fashion va a gonfie vele, la capitale della moda ormai è stata surclassata da tutti questi brand low-cost, dovrebbe anche arrivare a fine 2015, per la felicità di molti giovani Primark. Ma una domanda sorge spontanea: “il Made in Italy che fine ha fatto?”