Alla domanda “cos’è la body positivity?” gli appassionati di moda e influencer rispondono che si tratta di una concezione innovativa del fashion e del corpo, sia maschile che femminile.

Ogni individuo, infatti, possiede una propria fisicità e un proprio aspetto, che include pregi e difetti. Lo scopo di un brand di abbigliamento è, secondo la body positivity, quello di esaltare la silhouette personale al meglio, realizzando creazioni in grado di uscire dallo stereotipo patinato dell’immaginario collettivo dominante e che, nella maggior parte dei casi, non corrisponde alla realtà.

Un corpo altamente standardizzato, dunque, che comprime e uniforma tutte in un modello, utilizzato come metro di paragone valido per tutti e tutte, non risponde più alle esigenze delle persone reali.

I primi brand a valorizzare la diversità del corpo, in particolare quello femminile, hanno basato la propria comunicazione pubblicitaria sul concetto dell’autenticità della bellezza individuale.

La moda curvy non è più un caso sporadico

Negli ultimi anni, il settore curvy del fashion, ossia quello dedicato alle donne formose e dalle curve generose, ha attraversato una progressiva espansione.

Da un ambito cosiddetto di nicchia, quale era agli esordi, la moda curvy ha sfidato gli sterotipi imperanti da decenni e che vogliono la donna filiforme e perfetta a qualunque costo. Un messaggio, questo, che può trasformarsi in un’arma molto pericolosa: raggiungere un ideale imposto dall’esterno, anche a scapito della propria salute e della propria identità, costa talvolta un prezzo troppo alto: la vita.

Sapere cos’è la body positivity, nella moda curvy, significa apprezzare la proposta di capi dalle linee morbide, che valorizzano una fisicità morbida, appartenente a donne dagli orizzonti molto più ampi di una taglia 38.

Se è vero che le grandi battaglie si vincono anche con il potere dell’educazione, l’accettazione dei propri difetti diventa un percorso più sereno, se accompagnato da outfits che aiutano a volersi sempre più bene.

Cos’è la body positivity? Tendenza o nuova consapevolezza?

La body positivity è una corrente che parte dalla moda e giunge in ogni ambito del pensiero.

Considerata da molti una tendenza, da altri è ritenuta un punto di arrivo, una conquista ottenuta con la consapevolezza che nessuno è perfetto e, anzi, la bellezza risiede proprio in questa verità, probabilmente una delle pochissime per l’essere umano contemporaneo.

Etnie diverse, orientamenti sessuali differenti e che, in ogni caso, non sono quello che definisce una persona, libera di porsi con sé stessa e nei confronti del mondo come meglio ritiene.

Cos’è la body positivity, se non la libertà di espressione di un individuo, anche attraverso la scelta di capi che ne esaltino l’unicità?

Se si trattasse di una tendenza passeggera, probabilmente gli hashtag #bodypositivity e #bodypositive, sui social network, avrebbero avuto una breve durata.

Invece, a testimoniare che si tratta di un vero e proprio salto epocale, che coinvolge non solo il fashion, ma il modo di vivere la propria umanità a 360 gradi, la continua espansione delle campagne a favore della bellezza unica e individuale di ognuno.

Si tratta sicuramente di una sfida, che potrà contare su un successo duraturo solo nella misura in cui il messaggio di un brand risulta sincero e di partecipazione reale alla causa.

A differenza di altre campagne di sensibilizzazione, la body positivity è tanto più vera e duratura, quanto più è avvolgente, morbida, con un tone of voice assertivo e positivo, piuttosto che sarcastico o provocatorio.

Body positivity e social network

Anche sui social network, diverse influencer sono impegnate nella battaglia nei confronti della chimera del corpo perfetto.

Blogger come Sara Puhto, che dalla Finlandia posta consigli riguardanti le pose giuste per ottenere migliaia di like, ha cominciato una campagna pubblicando le foto in due versioni, una in posizione tale da mascherare i difetti, e una decisamente realistica. Lo stesso hanno fatto Gabrielle Caunesil, Chiara Ferragni, Lorena Rae e tante altre che hanno mostrato cellulite e smagliature alle loro fan su Instagram.

Non si tratta di rivelare la parte peggiore di sé, ma iniziare ad accettarsi senza sezionare la propria persona, valorizzandola nella sua interezza e unicità, con le sue molteplici sfaccettature.

Paola Torrente, modella curvy che ha partecipato a Miss Italia nel 2016, è diventata paladina della body positivity in Italia. Paola mettendosi in gioco e superando le numerose critiche ricevute, è arrivata seconda al concorso di bellezza più famoso del mondo. Dimostrando a tutti che ogni donna è bella nel suo corpo, qualunque sia la taglia, il colore e l’età.

Paola si racconta e lancia un forte messaggio di body positivity in questa intervista esclusiva con la fondatrice di Oh La Bra, primo blog italiano dedicato alla lingerie.

Finalmente grazie a donne coraggiose come Paola Torrente, Sara Puhto, Chiara Ferragni e tante altre, si sfruttano i social media per dare lezioni di body positivity e diffondere un messaggio positivo di accettazione di sé stessi.

D’altronde avere dei difetti rende ogni persona diversa dall’altra, e cosa c’è di più bello dell’essere unici?

Anche il make up diventa #bodypositive

Il percorso che si pone in contrasto con l’illusione della perfezione comprende anche il mondo del make up. In questo contesto, come si coniuga la body positivity con il mondo del make up?

Il termine make up, che in inglese significa trucco, è interpretato nel senso di valorizzare i propri lineamenti, senza coprirli o stravolgerli. Ciò significa che le persone di tutte le età devono avere la possibilità di sentirsi bellissime, scegliendo i prodotti che consentono di esprimere la propria unicità, fatta anche di qualche ruga d’espressione, un naso pronunciato e labbra sottili.

Alcuni brand di make up hanno impostato le proprie campagne promozionali scegliendo di non ritoccare il volto delle proprie modelle, lasciandone visibili eventuali piccoli difetti. Il messaggio è chiaro: la modella è un essere umano e, in quanto tale, non è perfetta; il cliente si sente molto più coinvolto verso il brand, che avverte più vicino alle proprie esigenze.

É vero, la pubblicità serve anche a sognare, e questo è assolutamente lecito, purché non subentri la frustrazione per ciò che è impossibile ottenere, ossia la perfezione legata a un modello inesistente.